Biomassa e qualità dell’aria

Le emissioni di sostanze inquinanti in atmosfera derivanti dai differenti comparti produttivi ed energetici sono la principale origine di gran parte delle problematiche che caratterizzano il nostro presente, ovvero i cambiamenti climatici, l’effetto gas serra, l’innalzamento del livello dei mari,  l’acidificazione atmosferica e così via.

Quando si parla di qualità dell’aria, nonché di emissioni in atmosfera, si fa riferimento principalmente ai seguenti inquinanti:  polveri sottili sospese (PM10 e PM2.5), ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO) e composti organici volatili (COV). Questi sono inquinanti di grande interesse perché pericolosi per la salute pubblica, per la biodiversità e l’ambiente in generale.

Per niente trascurabile, soprattutto in termini di emissioni di polveri sottili e monossido di carbonio, è il contributo del comparto riscaldamenti domestici, che causa un peggioramento della salubrità dell’aria. A questo va sommandosi il contributo emissivo di stabilimenti industriali che necessitano di calore per lo sviluppo della propria attività produttiva.

Troppo spesso il riscaldamento a biomassa legnosa, legna e pellet, viene associato erroneamente allo smog atmosferico e viene considerato come una delle cause dello stesso. Per evitare la diffusione di informazioni distorte o parziali e per promuovere invece una buona informazione, oggi vogliamo fare chiarezza sul rapporto tra inquinamento atmosferico e riscaldamento a biomassa.

  1. Il riscaldamento a legna produce il 17% del PM10
  2. La responsabilità di ciò, deriva dall’utilizzo diffuso di apparecchi e caldaie vecchie e inquinanti, non dalle biomasse legnose in sé. Gli apparecchi di nuova generazione abbattono le emissioni fino all’80%.
  3. Ne consegue che, per ridurre le emissioni di polveri sottili (PM10) bisogna puntare sulla rottamazione del parco macchine esistente e sostituirlo con impianti di ultima generazione. Questo perché l’86% delle polveri sottili che derivano dalla combustione domestica a biomassa, proviene dai 6 milioni di apparecchi e caldaie obsolete.
  4. Infatti, il 70% del parco istallato si compone di apparecchi che hanno oramai più di 10 anni. Questi apparecchi vanno sostituiti: secondo uno studio di Altroconsumo, le stufe a pellet e legna di vecchia generazione emettono una quantità di PM10 che è 8 volte superiore a quella delle caldaie di ultima generazione.
  5. Sostituire una caldaia obsoleta con una moderna è come passare da un veicolo euro 0 ad un veicolo euro 6.
  6. Essendo il rispetto dell’aria una delle priorità del settore, è stata introdotta, con il Decreto n.186/2017, la certificazione dei sistemi di riscaldamento a legna e pellet, che assegna da 1 a 5 stelle alle caldaie, in base all’efficienza e alle emissioni. La MEPE distribuisce, per scelta, esclusivamente caldaie a 4 o 5 stelle, garantendo una riduzione del PM10 dell’80%.
  7. Si può concludere che, nel processo di de-carbonizzazione e riduzione dell’inquinamento, la biomassa è un’energia rinnovabile fondamentale. Puntare sul turn-over tecnologico, e quindi sulla sostituzione di caldaie obsolete, con tecnologie di moderna concezione, è la risposta migliore al problema delle emissioni.
  8. I risultati si vedono: la sostituzione delle tecnologie obsolete con nuovi generatori ha già portato, negli ultimi otto anni, ad una riduzione del 23% in tutta Italia delle emissioni prodotte da riscaldamento a legna e pellet.

Quindi la risposta alla domanda “possiamo sfruttare le biomasse per il riscaldamento degli edifici o per fini industriali per ridurre le emissioni?” La risposta è SI, ma a condizione che vengano seguiti alcuni accorgimenti nel rispetto dei concetti di sostenibilità, economia circolare ed energia rinnovabile.

In conclusione,  scegliere impianti a biomassa perché:

  1. Abbattono totalmente le emissioni di CO2 contribuendo in modo significativo al raggiungimento dell’obiettivo della CARBON NEUTRALITY
  2. Le emissioni di polveri sottili su impianti moderni e dotati di sistemi di filtrazione sono minimali e trascurabili
  3. L’efficienza degli impianti risulta molto alta
  4. Importanti sistemi di incentivazione sostengono queste tecnologie
  5. I bassi costi di gestione legati all’utilizzo di combustibili rinnovabili come la biomassa, permettono un ammortamento del costo iniziale dell’impianto molto rapido, solitamente dai 2 ai 4 anni!